Tra il 1796 ed il 1800 l’Europa vive anni convulsi e densi di avvenimenti che porteranno a profondi mutamenti. Grandi potenze come l’Austria e la Francia, si contendono la supremazia del continente e gli stati e staterelli in cui è suddivisa l’Italia sono fonte di arruolamento per le insaziabili necessità dell’esercito francese. Dal Piemonte, in particolare, provengono le milizie più significative sia per l'alto grado di addestramento che per la resistenza e lo spirito di corpo dimostrati sui campi di battaglia. A seguito delle vittorie di Marengo, avvenuta il 14 giugno 1800, e di Hohenlinden, il 3 dicembre sempre del 1800, con cui Bonaparte e Moreau avevano messo fine alla guerra contro l'Austria e favorito la successiva pace di Luneville conclusa nel 1801, i vecchi reggimenti piemontesi sono destinati ad essere incorporati nell’esercito francese e con decreto del 23 giugno 1800, dieci giorni dopo Marengo, il Primo Console ordina la formazione di quattro battaglioni per mantenere l'ordine nel paese. Questi battaglioni assumono il nome dei quattro più vecchi reggimenti sardi: il Piemonte, che incorpora gli effettivi dei reggimenti Piemonte e Savoia, il Monferrato, che incorpora i reggimenti di Monferrato, Marina ed Alessandria, il Saluzzo che incorpora i reggimenti Regina, Cuneo e Saluzzo ed infine l’Aosta con contingenti dei reggimenti Aosta e Cacciatori a piedi. Il deposito dei battaglioni è stabilito a Torino. Successivamente i battaglioni sono ulteriormente rafforzati negli effettivi fino a raggiungere il numero di mille uomini ognuno e infine sono accorpati nella Prima Demi-brigade (ovvero Mezza brigata) di linea piemontese, formata da Piemonte e Monferrato e nella Seconda Demi-brigade di linea piemontese formata da Saluzzo ed Aosta. I Cacciatori a piedi, integrati da un ulteriore battaglione, formano, infine, la Prima Demi-brigade leggera. Nel febbraio del 1801, tramite una campagna di arruolamento volontario si tenta, con scarsi risultati, di rinforzare ulteriormente gli effettivi. I principali requisiti per l'arruolamento prevedono l’essere celibi e con statura superire a m 1,56, età compresa tra 18 e 30 anni, buona condotta e costituzione fisica. La ferma è di 4 anni rinnovabili per altri due. Il 26 agosto 1801 avviene l'incorporamento nell’esercito francese ed avendo questo 110 reggimenti di fanteria di linea e 30 di fanteria leggera, la Prima Demi-brigade diviene il 111° Reggimento di fanteria di linea, la Seconda il 112° Reggimento di fanteria linea e la Prima Demi-brigade di fanteria leggera il 31° Reggimento di fanteria leggera. Il 22 febbraio 1802 il 111° è trasferito da Mondovi a Torino, dove riceve le reclute provenienti dalla coscrizione obbligatoria, che è introdotta quell'anno e che prevede l'arruolamento di 30.000 uomini per l'anno IX (1800/1801) altrettanti per l'anno X (1801/1802) più 6.000 uomini destinati ad essere incorporati solo in caso di guerra nella Armée de reserve. Solo a fine aprile 1802, con l'arrivo del nuovo comandante, il colonnello Gay, proveniente dall'esercito sardo, e con la rivista dell'ispettore alle rassegne, il 111° puo considerarsi a tutti gli effetti parte dell'esercito francese. Per ordine di Bonaparte da Torino si trasferisce a Verdun via Aosta-Losanna-Ginevra. Intanto continua a ricevere reclute inizialmente solo dal Piemonte ed in seguito anche dalla Liguria e dall'Emilia. Questo naturalmente rafforza lo spirito di appartenenza alla propria nazionalita pur essendo a servizio francese; lo stesso succede per la lingua e sebbene si facciano grandi sforzi per far apprendere agli italiani il francese, necessario per obbedire agli ordini degli ufficiali, l'abitudine di parlare la lingua natia non si perderà mai. La vita del 112° reggimento di linea italiano è tuttavia breve: un suo battaglione è aggiunto al 111° come battaglione di deposito, mentre il resto va a costituire il 31° reggimento leggero. Il 112° sara ricostituito poco tempo dopo, ma con reclute belghe.
A seguito dell'inasprirsi della situazione politica tra Francia ed Inghilterra Bonaparte procede al concentramento delle sue truppe a nord della Francia, nelle vicinanze del Canale della Manica, in vista di uno sbarco in territorio britannico che risolva una volta per tutte l'eterna rivalità tra le due nazioni. Anche il 111 reggimento deve lasciare Verdun il 5 giugno 1803 e trasferirsi prima a St. Omer, poi il 14 giugno, a Compiégne ed il 21 agosto a Bruges. Dal 1803 all'estate 1805 il 111° reggimento, come tutta l'Armata d'Inghilterra, vive accampato tra continui addestramenti allo sbarco e di routine. Sulle rive del canale sorge a poco a poco un insediamento stabile, dove spesso le tende sono sostituite da baracche di legno, alcune delle quali arredate con gusto, tra veri e propri vialetti. È nell'agosto del 1805 che Bonaparte, diventato l'anno precedente Imperatore, è ormai consapevole dell'inattuabilità del suo progetto d'invasione. La minaccia proveniente da terra da parte delle forze della Terza Coalizione, in particolare Austria e Russia, che stanno avanzando verso la Baviera da est, spinge l’Imperatore a modificare i suoi piani. Le sue truppe da forza da sbarco sono trasformate in armata di terra: nasce la Grande Armée.
Seguendo un ruolino di marcia di precisione quasi cronometrica, l’Armata viene spostata in tempi strettissimi dalla Manica al Reno a marce forzate e con una serie di abili manovre e contromanovre arresta la progressione degli Alleati catturando ad Ulm, il 20 ottobre 1805, l'intera armata austriaca del generale Karl Mack, forte di 25.000 uomini. Il 111° reggimento non partecipa a questa azione essendo accantonato a Dachau vicino a Monaco, dove si riprende dalla lunga marcia effettuata, funestata tra l'altro da parecchi casi di tifo. Alla ripresa della marcia verso Vienna il reggimento viene incorporato nel III corpo di Davout, II divisione Friant, II brigata Reille e fa parte dell'avanguardia. Il 14 novembre entra trionfalmente nella capitale asburgica e in seguito si posiziona sulla strada di Brno, quindi, su ordine dell'Imperatore il 29 novembre muove verso nord per dar manforte alla debole ala destra francese che è dislocata tra i villaggi di Telnitz e Sokolnitz. Nell’occasione copre la distanza di 110 Km in 36 ore. Il 2 dicembre si leva il sole di Austerlitz e il 111° reggimento, brigata Lochet, combatte accanitamente prima per conquistare e poi per tenere Sokolnitz. Sokolnitz è presa e persa svariate volte, mentre i Tirailleurs du Po cercano di tenere Telnitz. I combattimenti sono duri e senza quartiere e si concludono vittoriosamente verso le 16 dello stesso giorno. Le perdite del reggimento sono ingenti: 138 tra morti e feriti, 68 prigionieri su un totale di 1.300 uomini. I chilometri percorsi dal 29 agosto sono 1.600. La pace di Presburgo, stipulata a Bratislava il 26 dicembre, pone fine alla guerra.
Il 1806 vede il 111° reggimento accantonato in Wurtemberg fino all'estate. In questo periodo si inizia a ravvisare un crescente atteggiamento ostile da parte Prussiana. Tali presagi si confermano quando l’8 ottobre dello stesso anno la Prussia dichiara formalmente guerra alla Francia. È l'alba del 14 ottobre quando il III corpo di Davout con le sue tre divisioni, I Gudin, II Friant e III Morand, marcia su Apolda sul fianco dei Prussiani verso Auerstadt, mentre l'Imperatore, col grosso delle truppe, li impegna di fronte a Jena dove si trova solo il corpo di Hohenlohe: in effetti il grosso del nemico è davanti a Davout che si appoggia al villaggio di Hassenhausen. Il combattimento è accanito, vista anche la palese disparità di forze, ma papà Davout tiene duro e le sue tre divisioni fanno miracoli, manovrando con precisione da piazza d'armi: alla fine il nemico, dopo molte furiose ed infruttuose cariche guidate anche da Blucher, deve soccombere alla superiorità tattica dei Francesi che perdono tuttavia 6.500 soldati e 252 ufficiali, circa un terzo delle loro truppe. Comunque la vittoria di Davout unita a quella che nel frattempo Napoleone ha conseguito a qualche chilometro di distanza causa lo sbandamento dell’esercito Prussiano. Il 111° entra a Lipsia e quindi a Berlino insieme al resto dell'Armée. Il 29 ottobre il colonnello Gay, forse colpevole di non aver sufficientemente "francesizzato" il reggimento, passa le consegne al colonnello Husson. Il reggimento si trasferisce oltre il fiume Oder percorrendo 80 chilometri in 30 ore. La campagna di Polonia sta per iniziare.
Il reggimento si sposta ulteriormente a Posen sulla Vistola, dove inizia a conoscere i rigori del clima, le privazioni e lo stato disastroso delle strade che sono vere piste di sabbia e fango. Un triste presagio della futura esperienza russa. La sosta a Varsavia del 3 dicembre non serve ad illudere i soldati sul futuro della guerra: un ulteriore spostamento ad est li porta a combattere nei pressi di Pultusk e Golymin dove alle sofferenze dei combattimenti si aggiungono la scarsità dei viveri e la rigidità del clima, il disagio della marcia, con 4 Km percorsi in 5 ore e le continue scorrerie dei cosacchi che operano nel loro ambiente naturale.
I soldati si accantonano in quattro poveri villaggi a 14 Km da Pultusk. Nel frattempo il grosso dell'armata prende contatto con il nemico l'8 febbraio nei pressi del villaggio di Preussich-Eylau dove si svolge, con alterne vicende, una delle battaglie piu incerte e sanguinose dell'epoca: in quella tormenta di neve e piombo l’Armata perde non meno di 10.000 uomini. Il 111° non puo parteciparvi perchè isolato ad una distanza di 60 Km, ma viene attaccato il 12 febbraio da un forte contingente russo nei pressi del villaggio di Mieszyniec e, dopo un duro combattimento, riesce a disimpegnarsi facendo arretrare il nemico. Si riunisce quindi al resto dell'esercito nei pressi di Ostrolenka e rientra nei quartieri d'inverno dove rimane fino al maggio 1807. Il numero degli effettivi è ora fortemente diminuito per perdite dovute più all'indigenza e alle malattie che ai combattimenti. Il 14 giugno, giorno dell’anniversario di Marengo, si svolge la battaglia di Friedland dove l’esercito Russo subisce una grave sconfitta seguita poi dal trattato di pace di Tilsit: solo due compagnie del III battaglione del 111° vi partecipano. In seguito il reggimento si accantona prima a Varsavia e poi a Schwerin. Gli effettivi, integrati dai complementi arrivati dopo lunghissime marce attraverso l'Europa, ora contano 62 ufficiali e 2.270 tra sottufficiali e soldati
I principali avvenimenti del 1808 sono la campagna di Spagna e il congresso di Erfurt tra Napoleone e Alessandro I di Russia. Il 111° partecipa alla campagna di Spagna in modo anomalo nel senso che, mentre il grosso della truppa continua a stazionare in Polonia, spostando periodicamente gli accantonamenti, viene formato un quarto battaglione con 700 reclute provenienti dai dipartimenti del Taro e del Po. Il battaglione è inquadrato all’interno del corpo d’armata del Maresciallo Moncey, nel 6° reggimento provvisorio, brigata Lefranc, II divisione Gobert. È inviato verso Vittoria e poi verso Madrid, dove il famoso "dos de majo" partecipa agli scontri con la popolazione alla porta S. Bernardino, teatro di uno dei combattimenti piu cruenti di quella sommossa. È quindi incorporato nel 116° reggimento di fanteria di linea, di nuova formazione, ed in questo nuovo reggimento combatte per tutta la campagna della penisola Iberica.
Gennaio e febbraio dell’anno 1809 costituiscono un periodo di riposo presso gli accantonamenti tedeschi, ma già in marzo si iniziano ad avvertire i prodromi di un nuovo conflitto con l'Austria, che infatti di lì a poco, ancora una volta, si abbatte sulla Baviera; il reggimento si sposta nella zona di Ratisbona, da cui presto deve ritirarsi verso Neustadt a causa delle soverchianti forze dell'arciduca Carlo che minacciano la città. Seguono sanguinosi combattimenti ad Heusen e Tengen, preludio delle vittorie francesi ad Abensberg, il 20 aprile 1809, ed Eckmul. Il Maresciallo Davout, principale artefice del successo, viene insignito del titolo di Principe. Dopo il combattimento di Landshut e la successiva ritirata di Carlo, il 111° partecipa alla presa di Ratisbona e marcia sulla riva sinistra del Danubio fino all'ingresso in Vienna il 13 maggio. Carlo intanto si ritira al di là del fiume ed ammassa la sua armata nella piana di Wagram, mentre i Francesi occupano l'isola di Lobau, che costituisce campo trincerato e ricovero per i feriti che, a seguito degli incerti combattimenti di Aspern ed Essling, vi si sono ammassati a migliaia. Nella successiva e decisiva battaglia di Wagram del 5 e del 6 luglio 1809 il 111° opera con Davout sul fianco destro in cruciali combattimenti per il possesso del villaggio di Neusiedl: il successo delle truppe francesi in questo settore provoca il collasso del fronte nemico che, attaccato sul fianco, è costretto a ritirarsi verso Znaim. Il reggimento occupa Brunn secondo le clausole dell'armistizio firmato di lì a poco e successivamente perfezionato nella pace di Vienna, che conclude la guerra. Si susseguono successivamente vari accantonamenti in Austria, tra i quali uno anche a Salisburgo.
Il 1810 è un anno di relativa calma per il 111°, sottoposto dal ferreo Davout ad un addestramento intensivo alla manovra e all'uso delle armi, anche a vantaggio delle numerose reclute che sempre in maggior numero arrivano dall'Italia per compensare le perdite sempre crescenti delle guerre dell'Imperatore: le battaglie manovrate si sono trasformate sempre più in brutali scontri frontali spesso inutilmente sanguinosi in cui è coinvolta una quantità sempre maggiore di soldati, un copione questo che negli anni a venire si ripeterà puntualmente. A ciò si deve aggiungere la difficolta, da parte dei comandanti, di controllare una massa di uomini così grande, con risultati, nel migliore dei casi, poco fruttiferi nel conseguimento degli obiettivi tattico-strategici. In particolare, nel 1810, il 111° riceve in Austria la visita della neo imperatrice Maria Luisa, che è in Francia per il matrimonio religioso con l’Imperatore. In questa occasione Maria Luisa ha un atteggiamento freddo e distaccato nei confronti dei soldati italiani che naturalmente la ricambiano.
Il 1811 non registra avvenimenti di rilievo. Il reggimento si sposta in Germania dove entra a far parte del Corpo di osservazione francese in quella regione e partecipa, nelle città di Lubecca e Stettino, alle operazioni di contrasto al contrabbando messe in atto per far rispettare il blocco continentale nei confronti dell’Inghilterra che Napoleone aveva esteso a tutte le zone sotto il suo controllo. Il 6 agosto il comando del reggimento passa dal colonnello Husson al colonnello Juillet ed è con lui che il 111° si trasferisce ad Amburgo dove è sottoposto ad ulteriori frenetici addestramenti alla manovra di massa con diversi altri reggimenti. Le truppe si abituano all'azione inquadrate in grandi unità, questo in previsione di una sempre più vociferata campagna militare contro la Russia. L'Imperatore conta di regolare i conti con lo Zar una volta per tutte, disegno che entrerà nella fase operativa l'anno successivo.
Durante gli anni 1810-1812, mentre l'impero francese raggiunge il suo apogeo politico e geografico, Napoleone organizza un'immensa armata per invadere la Russia. Questa seconda Grande Armée forte di più di mezzo milione di uomini e posta sotto i diretti ordini dell'Imperatore. Nel giugno 1812, la Guardia Imperiale, dodici corpi d'armata, di cui uno austriaco, e quattro corpi di riserva di cavalleria, varcano la frontiera del Niemen ed entrano nel territorio Russo. Nel maggio 1811 il 111° reggimento fa parte dell'Armata di Germania sotto il generale Friant di cui costituisce una brigata. Il I, II e III battaglione sono a Magdeburgo, il IV e il V, che è il battaglione di deposito, a Spira. Il 5 luglio il 111° di linea conta 2.863 uomini, compresi gli ufficiali, e appartiene al I corpo della Grande Armata comandato da Davout, V divisione generale Compans, IV brigata generale Longchamps. Il colonnello Gabriel Juillet ha ai suoi ordini cinque battaglioni di cui il I di 667 uomini ed è affidato al comandante di battaglione Michele Richieri, il II di 645 uomini è comandato da Carlo Guisiana, il III costituito da 518 uomini è comandato da Luigi Bastiani, il IV composto da 539 uomini è comandato da Detillier ed il VI, con 675 uomini, sotto gli ordini di Barrauan. Il comandante in seconda è il maggiore Federico Montiglio.
Nel febbraio 1812 il reggimento è a Rostock dove viene addestrato ed esercitato alla marcia. La partenza ha luogo il 2 marzo con il corpo del Maresciallo Davout composto da piu di 70.000 uomini. Malgrado l'alleanza con la Prussia, gli abitanti di queste regioni trattano le truppe francesi con odio. Tutti i giorni il reggimento cambia quartieri e verso il 10 aprile si dirige verso la Vistola per prendere i suoi accantonamenti. Il quartier generale della divisione è vicino a Marienwerder mentre Davout è a Torun. Il 24 aprile il reggimento è passato in rivista dal generale Compans: "Un'eccellente tenuta e un'esatta uniformità" sono le parole di elogio del generale. In questo momento il 111° è costituito da 4.200 uomini, compresa l'artiglieria reggimentale. Il 3 maggio parte dagli accantonamenti in direzione Elbing dove Davout si stabilisce. Il 15 il Maresciallo passa di nuovo in rivista il reggimento. Nell’occasione il colonnello Juillet, che ama parlare di politica, viene ripreso da Davout che si premura di ricordargli con asprezza di non aver bisogno di diplomatici, ma di ufficiali. Il 9 giugno arriva a Koenigsberg, il 14 l’intera divisione è a Gumbinnen. Il 24 avviene il passaggio dello Niemen. Le tende dell'Imperatore sono posizionate davanti ai sei ponti gettati nottetempo sul fiume: l’area è interamente affollata di uomini, armi, cavalli e artiglieria. Il reggimento bivacca a due leghe da Kowno. Passata la frontiera, il 111° si mette in marcia in direzione di Wilna, che già affascina ufficiali e uomini per il commercio, l'università, il vestire asiatico degli ebrei onnipresenti e per tutti i contrasti dei costumi. In effetti il reggimento passerà accanto a Wilna senza neanche fermarsi. Il 4 luglio la divisione ha già lasciato indietro 4.000 uomini, di cui 500 del 111°. Questi uomini non rientreranno in organico se non dopo molto tempo. All'inizio di luglio il calore si fa insopportabile, gli approvvigionamenti d'acqua sono insufficienti e quella disponibile è putrida ed infetta. Il 10 luglio il reggimento arriva a Minsk dove trova un campo regolarmente allestito e le cui baracche sono simili a quelle costruite nel 1805 presso il campo di Boulogne, anche se meno curate. Il 12 luglio sulla piazza di Minsk ha luogo una grande parata di tutte le compagnie d'élite dove il Maresciallo Davout rimprovera il 33° reggimento leggero per i molti assenti. Intanto il problema dell'acqua è sempre piu grave, quella disponibile è cattiva e chi ne beve cade come in preda all'asfissia tornando in se solo assumendo dell'acqua di Colonia. Il 19 luglio il reggimento è a Mohilev e qui ha luogo un duro combattimento. Verso la fine del mese, passando per Orcha, il reggimento è costretto a fermarsi per riapprovvigionarsi. Il 13 agosto l'esercito si mette in movimento e passa il fiume Dniepr su molti ponti per marciare su Smolensk. Il vitto è come sempre insufficiente ad esclusione del giorno 16 in cui la truppa mangia del buon pane fresco accompagnato da acquavite.
Il 17 si ha l'attacco generale alla città dove le prime tre divisioni del I corpo trovano una forte resistenza. Presa la città si riprende la marcia. I sentieri sono coperti di polvere fine che il vento solleva in nuvole, le città sono rare e non vi si trova nulla da comprare. Il 22 agosto la V divisione del I corpo, di cui fa parte il 111°, è messa provvisoriamente sotto gli ordini di Murat che comanda l'avanguardia dell'esercito. Il 29 agosto il reggimento arriva a Wiazma, dove trova cospicui rifornimenti di farina, sapone e acquavite. I russi hanno dato alle fiamme la città e due battaglioni del 25° di linea hanno l'incarico di spegnere l'incendio. Il 1 settembre il reggimento è a Gjatsk, anch’essa data alle fiamme dal nemico. I russi hanno costruito una ridotta fortificata dotata di otto pezzi d'artiglieria e un notevole numero di fanteria vicino al villaggio di Schwardino. La zona è un avamposto innanzi le fleches di Bagration e la Grande Ridotta di Rajevski. Il 5 settembre Napoleone arriva davanti a questa posizione: ha a disposizione la cavalleria di Murat e la V divisione del I corpo sotto gli ordini di Compans. Si approssima l'imbrunire e Murat ha costretto la cavalleria russa a ripiegare spianando così il terreno per la fanteria. Napoleone ordina di conquistare la posizione. Compans dispone le sue truppe con qualche pezzo da 12 libbre e qualche tirailleur per eliminare gli artiglieri avversari. Dopo un nutrito scambio di colpi di cannone tra le due compagini, Compans schiera i suoi uomini: il 57° e 61° di linea a destra, il 25° e il 111° a sinistra. Bisogna discendere una piccola scarpata prima di risalire dall'altra parte, mentre la fanteria russa è disposta da ambo i lati della ridotta. I francesi avanzano tra scambi di moschetteria col nemico: Compans ritiene che una vigorosa carica alla baionetta sarà sufficiente per vincere, ma in mezzo alla confusione e al fumo del combattimento il suo ordine viene mal interpretato: al galoppo si porta allora verso il 57° che è il più vicino alla ridotta e ne prende personalmente il comando dirigendo l'assalto alla baionetta contro i granatieri di Worontsov e del principe di Meckleburg. Il 57° travolge la linea avversaria presto seguito dal 61° che gli è al fianco. Sulla sinistra il 25° e il 111° catturano la parte destra della ridotta uccidendo i cannonieri russi sui loro pezzi. Nella carica il 111° si spinge troppo in profondità e viene caricato dai corazzieri di Douka. Si mette in quadrato e da solo respinge l'assalto nemico, nonostante i fanti spagnoli del reggimento Joseph Napoleon corsi in suo aiuto. Nello scontro perde i suoi due pezzi d'artiglieria reggimentale. La ridotta è presa, ma il costo pagato in vite umane è alto. Il reggimento riprende fiato e vede i russi intenti a trincerarsi. Il 7 settembre la divisione Compans è nuovamente incaricata di prendere la prima ridotta fleche sulla sinistra del nemico: Il 25° di linea e il I battaglione del 111° la conquistano, il II li segue per dare sostegno, il III si incarica di dar manforte ad una batteria di cannoni per contrastare i tirailleurs russi. Il IV e il VI battaglione sono indietro col colonnello e il generale ai margini del bosco. Nel frattempo il Maresciallo Davout viene ferito nell’azione ed il Maresciallo Ney gli subentra al comando del I Corpo. I giorni 5 e 6 settembre il reggimento, dopo la dura prova sostenuta nella presa di Schwardino, viene principalmente impiegato a sostegno dell’artiglieria contro la fanteria leggera Russa. Le perdite quindi, rispetto al resto dell’armata possono essere considerate contenute anche se ammontano per il 5 a quattro ufficiali e 82 uomini tra i caduti, 15 ufficiali e 540 uomini feriti, 33 prigionieri e 138 dispersi ed il 7 settembre, giorno della grande battaglia della Moskowa, ad 1 ufficiale e 38 uomini uccisi, 6 ufficiali e 270 uomini feriti. L'Armée entra a Mosca il 14 settembre. La capitale è ben fornita di svariati approvvigionamenti, cibo, vino, alcolici, ma lo scetticismo dei soldati, dovuto all’evolversi della campagna in una stagione gia avanzata, aumenta col passare dei giorni. La Guardia si è stabilita nella città con il I e III corpo ad eccezione del 111° che è sempre al campo di Mojaisk. Il 23 settembre il reggimento si sposta nella capitale andando ad occupare i quartieri precedentemente assegnati al corpo di Ney. Il primo ottobre Davout riunisce i comandanti di unità al fine di conoscere lo stato dei viveri, degli indumenti e delle calzature. I maniscalchi sono incaricati di fabbricare pattini per le vetture dell'artiglieria, chiodi e ferri da ghiaccio per i cavalli nonchè piccole macine portatili per il grano. Il 15, 16 e 17 ottobre, mentre il 111° conta 53 ufficiali e 1.651 uomini, l'Imperatore passa in rivista tutte le truppe presenti nel Kremlino.
L'armata abbandona Mosca a metà ottobre: il 111° parte il 19. I generali sono obbligati a numerare le vetture al seguito classificandole "secondo la qualità delle persone che trasportano". La situazione generale è sempre più caotica e confusa, quando le truppe arrivano a Mojaisk gli addetti ai viveri, invece di procedere alle distribuzioni, li vendono. A partire dal 22 ottobre il freddo comincia a farsi intenso. Il 3 novembre il 111° deve combattere aspramente a Wjazma perdendo 30 ufficiali e 500 soldati. Tra i feriti gravi vi è lo stesso colonnello Juillet. Il calvario continua giorno dopo giorno: si ripiega su Smolensk, i cui approvvigionamenti vengono saccheggiati dalle prime truppe che vi arrivano, in particolare la Guardia, rendendo le condizioni dei ritardatari sempre più estreme. I russi occupano la cittadina di Borisov e la testa di ponte sul fiume Berezina, verso cui i francesi cominciano ad arrivare in massa. I lancieri polacchi, operando veloci cariche, snidano gli occupanti delle case in cui si sono insediati. Il 22 novembre Oudinot, con il II corpo, arriva a Bobr. Quel che resta del 111° arriva il 24, con il comandante Juillet ancora al comando sebbene in gravi condizioni e il maggiore Montiglio zoppicante e, come descritto da un testimone oculare, male in arnese e con una lunga barba incolta. Fino ad Orcha il I corpo ha costituto la retroguardia dell'esercito; la sera del 27 novembre gli italiani giungono al villaggio di Studianka di fronte alla quale sono stati costruiti due ponti. Gli episodi di eroismo sono innumerevoli, come quello di una semplice cantiniera del reggimento che, lungi dall'essere intimidita, imbracciato un fucile abbandonato da un soldato in fuga, tiene testa a una sotnia di cosacchi uccidendone uno. Altri soldati la imitano e i russi sono respinti. Nel giro di poco tempo i resti dell'armata si sono riversati in questi ristretti luoghi e il problema del passaggio del fiume si fa di momento in momento più grave e delicato.
In un'atmosfera da tregenda, episodi di disperato eroismo come quello dimostrato dai pontieri di Eble si mescolano a quelli di spietato e feroce egoismo giustificato solo da un bestiale e primigenio istinto di sopravvivenza. In qualche modo tre o quattrocento soldati del 111° riescono a passare sull'altra sponda del fiume. Il guado dura cinque ore. Sono le 14 del 28 novembre 1812. La marcia riprende con un freddo insopportabile e con punte di -24°C nelle ore notturne. I resti dell'Armée si dividono in due gruppi: una parte prende la strada di Minsk, che passa attraverso una foresta e degli acquitrini, mentre l'artiglieria ed i suoi equipaggi si dirigono verso Wilna che è anche il tragitto più agevole. Il 30 novembre il freddo è costante, ma il tempo è sereno. I soldati, abbigliati con tutto ciò che hanno trovato, sembrano personaggi di un grottesco e tragico ballo mascherato: alcuni vestono abiti femminili, altri paiono maggiorenti moscoviti, altri ancora preti, ebrei o contadini. Nonostante tutte queste miserie, qualcuno conserva ancora un briciolo di buonumore e se si domandano notizie d'un tal soldato che è morto e ci si sente rispondere "È rimasto cristallizzato nel tale posto...". In questa rovinosa ritirata, i polacchi sono gli unici che conservano una parvenza di ordine e disciplina. Il 3 dicembre un testimone, Louis Gardier, incontra delle truppe napoletane ancora ben vestite e i cui cavalieri sono montati, ma di cui alcuni sono assiderati. Avvicinandosi a Wilna, capitale della Lituania, gli scampati trovano la strada ingombra di vetture cariche di effetti militari e di viveri che erano stati indirizzati verso l'esercito, ma che poi sono stati rimandati indietro precipitosamente. Tutto il materiale viene rapidamente saccheggiato da un'orda di disperati ed affamati. Gardier apprende da un vecchio generale che il colonnello Juillet, sempre più grave, viaggia nei furgoni del Maresciallo Murat e dell’inutilità della sua attesa. Si rifiuta di continuare la marcia, essendo legato a lui dalla dura esperienza della comune ritirata in cui hanno condiviso difficoltà e miserie. Incontra allora l'officier d'habillement del 111° che ha sotto la propria responsabilità, sino da Danzica, il magazzino degli abiti del reggimento; perchè non sia abbandonato il materiale viene rispedito indietro per convoglio. Il colonnello Juillet muore a Wilna. Intanto la ormai esigua truppa si dirige verso Kowno: in questo inizio di dicembre il freddo è sempre molto intenso, ma gli uomini rimasti cominciano ormai ad abituarsi. I cavalli con i ferri consunti faticano molto a procedere. L'8 dicembre i soldati incontrano degli ufficiali nuovi arrivati, occupati a riunire gli appartenenti ai loro rispettivi corpi, ma l'indisciplina è ormai a tale livello che i poveri reduci in ritirata faticano ad obbedire agli ordini. Il 9 dicembre il 111° ripassa il Niemen davanti a Srednik, cittadina situata sulla riva destra del fiume: è ormai ridotto a un centinaio di uomini cenciosi al comando del maggiore Montiglio, stretti ancora intorno alla loro Aquila. La loro campagna di Russia è virtualmente finita. Il 14 dicembre Gardier arriva col 111° a Gumbinnen, in territorio prussiano. Qui gli abitanti guardano i reduci come gente venuta da un altro mondo. Molti soldati, insultati e maltrattati soccombono. Il 16 arriva a Koenigsberg che, intasata da vetture, feriti, curiosi e malati, precipita in una confusione indescrivibile. Poi prosegue verso Braunsberg, Elbing, Marienburg, Thorn, Erfurt e Spira, deposito del reggimento. Il conteggio finale dei sopravvissuti del 111° è tragico: dei 4.200 uomini presenti alla rivista del 24 aprile 1812 restano, alla conta fatta il 3 gennaio 1813 a Thorn (Torun), luogo di raccolta, solo 43 ufficiali e 190 tra sottufficiali e soldati, ossia la diciottesima parte, e non tutti in condizione di servire. Solo fra gli ufficiali si contano 65 perdite.
La Grande Armée non esisteva più. Per formarne una nuova, occorrerà ricostituire i reggimenti partendo da quello che ne resta, quindi spostarli dai luoghi di frontiera, dove rischiano di restare bloccati e catturati dal nemico che avanza. I circa 200 uomini del 111°, sempre al comando del maggiore Montiglio, si trasferiscono da Thorn a Posen dove sono riuniti ai resti dei loro reggimenti condivisionari, 25°, 57° e 61°, per formare il terzo battaglione di un reggimento provvisorio, costituito con i resti del I corpo d'armata. Il 12 febbraio si ritira sulla linea dell'Oder e il 18 arriva a Francoforte dove sono aggiunti ai reduci del 111° parecchi soldati rientrati all'esercito. La grande quantità di questi permette di ricostituire il reggimento, forte di 3.098 uomini su quattro battaglioni da guerra più uno di deposito, con un nuovo comandante, il colonnello Holtz, vecchia conoscenza in quanto aveva accompagnato il reggimento dal 1803 al 1809 come aiutante di campo del generale Friant: il colonnello, in una toccante cerimonia a Luneburg, restituisce l'Aquila, salvata dalla campagna di Russia, al 111° rinato e splendente nelle nuove uniformi, peraltro diverse dalle precedenti per colore: grigio per i pantaloni ed i cuoiami neri, così da sembrare quasi prussiane. Il vecchio I corpo fu ribattezzato XIII della Grande Armée, al comando di Davout, formato anche dalla 40a divisione di cui il 111° forma una brigata col 61° di linea. Occorre precisare che in questo momento la campagna militare intrapresa da Napoleone contro gli Alleati in Sassonia era arrivata ad una tregua, in seguito alle battaglie di Lutzen, Bautzen e Dresda, vittoriose per le armi francesi, ma non definitive. La mancanza di cavalleria francese impedisce l’inseguimento del nemico in rotta consentendogli un’ordinata ritirata ed una sua successiva concentrazione e riorganizzazione. L'armistizio di Pleisswitz, quindi, stabilisce una tregua che di fatto favorisce solo gli Alleati permettendogli di concentrare le proprie forze e rivitalizzarle. Rinforzo determinante proviene dall’Austria, con la quale Napoleone, sposando la figlia di Francesco I, aveva concordato un’instabile alleanza, e che si appresta a fare parte della Sesta Coalizione. La tregua termina il 15 luglio e la ripresa dei combattimenti vede spesso impegnato il 111° contrapposto, in particolare, contro formazioni russe di cavalleria, che non difettava invece agli Alleati, presso Boitzenburg e Messow. Si acquartiera poi a Schwerin ed a Molln dove è rinforzato da un ulteriore contingente proveniente dall'Italia. Il campo trincerato di Molln è teatro delle successive vicissitudini del 111°, in un misconosciuto succedersi di scaramucce, agguati e incursioni dall'una e dall'altra parte in un teatro lontano da quello principale. Altrove si svolgono battaglie decisive per la campagna dove l'Imperatore trionfa se presente e perde se assente. La strategia degli Alleati fu volta ad evitare di affrontare Napoleone direttamente e privilegia lo scontro con i suoi comandanti che, lontani dalla "balia", non sempre sono all’altezza della situazione. Il XIII corpo, tagliato fuori dalla Francia in seguito al rovescio di Lipsia, e minacciato da ogni lato, si rinchiude nella cittа di Amburgo, dove, dopo aver sostenuto combattimenti di retroguardia il 2 dicembre e lasciato il campo di Molln il 3, entra la sera del 4. Il 111° si posiziona a presidio nel forte S. Giorgio, opera militare avanzata sul perimetro delle fortificazioni. Mentre il grosso del reggimento staziona a Molln, due sue compagnie sono a Stettino fin dal 15 febbraio, dove partecipano alla difesa della piazzaforte che capitola il 4 dicembre. Anche gli italiani sono fatti prigionieri dai prussiani. Amburgo è messa sotto assedio da 60.000 alleati cui Davout può opporre solo 30.000 uomini di svariate nazionalità che sono chiamati a difendere un perimetro di ben 40 Km. Sebbene ammalati ed insidiati da arruolatori e spie alleate che tentano, anche all’interno della stessa città, di minare il morale dei difensori con scarsi risultati, gli italiani restano fedeli fino all’ultimo al contrario di olandesi e tedeschi che alla fine del blocco abbandonano la causa imperiale. Di questa fedeltà darà testimonianza lo stesso Napoleone, che una volta in esilio, loderà la fedeltà ed il valore di questi ottimi soldati. Amburgo fu divisa da Davout in cinque settori, e il 5°, il più debole, fu assegnato al 111° reggimento. Questo settore comprende il sobborgo di S.Giorgio, la linea di Hamm, il dente e le dighe dell'Elba e della Billewerda. Le linee sono fortificate, alternando gli uomini tra lavoro e guardia 24 ore su 24, con il disagio della temperatura che trasforma le vie d'acqua ghiacciate in strade di accesso per il nemico che li sottopone ad un fuoco intenso. Tra le opere sotto il controllo del 111° vi sono due ridotte nelle isole di Wilhelmsburg e Moorwerder, vicinissime alle linee avversarie e facilmente accessibili sempre per via del ghiaccio. Per questo Davout dispone due battaglioni a difesa e così metà del reggimento si alterna tra difesa e lavori.
Nella notte tra l'1 e il 2 gennaio il nemico attacca pesantemente l'isola di Moorwerder, ma è respinto: gli assalti si replicano in seguito in un clima rigidissimo e in uno di questi cade il colonnello Holtz. Il comando passa ad interim al capobattaglione Bastiani. Su tutto il fronte difensivo si scatena la furia degli assedianti, ma gli assalti sono rintuzzati a prezzo di un centinaio di perdite. Le offensive si ripetono il 9, il 10, il 12 e il 14, ma senza risultato. Il generale Vichery, comandante la 40a divisione, segnala al maresciallo Davout l'esemplare comportamento del 111°, proponendo per l'avanzamento numerosi soldati, cosa che non potrà essere attuata a causa della caduta dell'Impero. Il 20 febbraio il 111° cessa di presidiare Wilhelmsburg, poichè l'effettivo di ciascuno dei suoi battaglioni è ormai sceso sotto i 500 uomini; per mancanza di viveri, la truppa è posta a mezza razione e cessa la distribuzione di vino. Dal 24 febbraio al 18 marzo si hanno in media uno/due allarmi al giorno, fino all'attacco generale, avvenuto il 18, che fallisce ancora come i precedenti. Da quel momento gli Alleati decidono di attendere che le dure condizioni del blocco obblighino i difensori alla resa. Al contrario, con il disgelo, i soldati di Davout possono avere qualche riposo e addirittura passano all'offensiva nel tentativo di allargare il fronte di offesa del nemico, con notevoli parziali successi, ma ormai è giunto l'epilogo: il 25 aprile, avuta notizia dell'abdicazione di Napoleone a Fontainebleau, la bandiera bianca sventola sulla piazzaforte e in seguito ad una convenzione con i russi, il 111° entra nella cittadella restandovi fino al 25 maggio, giorno in cui il maresciallo di ferro cede il comando al generale Gèrard che lo assume in nome del re di Francia Luigi XVIII°. Lo stesso giorno la guarnigione di Amburgo evacua la cittа dirigendosi in Francia in diverse colonne: quella del 111° accoglie lo stesso Davout e insieme marciano fino al Reno dove le truppe non francesi vengono a conoscenza di essere diventate straniere alla Francia, libere di scegliere tra il congedo e il nuovo arruolamento nelle truppe del re. Il 28 il reggimento, arrivato a Longwy, è invitato ad optare per l'uno o l'altro partito. Si congederanno tutti, eccetto un centinaio di ufficiali e sottufficiali che accetteranno di restare a servizio di Luigi XVIII. Il 1° agosto 2.259 uomini, divisi in tre scaglioni, partono per l'Italia, e vi giungono il 26 dello stesso mese.
Il reggimento è sciolto come 111°, ma ricostituito come 90° dai Borboni. La reazione antinapoleonica ha provocato, in Francia come in Italia, parecchio malcontento se non aperte manifestazioni di protesta nei reduci delle guerre dell'Impero. I soldati dell’ex 111° sono, in particolare, in Piemonte a mezza paga e trattati con disprezzo e perfino con odio dalle autorità Sabaude. Quando Napoleone, fuggito dall'Elba, riesce a riprendere il potere a Parigi, molti di questi italiani ritornano sotto le bandiere che avevano portato vittoriosi in tutta Europa. In particolare, il 13 marzo 1815 il 90° di linea del Re torna ad essere il 111° dell'Imperatore e in esso affluiscono molti nostri scontenti soldati. Inquadrato nel IV corpo di Gèrard, al comando del prode colonnello barone Sauset, combatte vittoriosamente il 16 giugno 1815 a Ligny e il 19 a Wavre contro i Prussiani. La disfatta di Waterloo rende vani i due successi e costringe ad una ritirata verso la Francia anche il nostro reggimento, che pure non è stato sconfitto. La seconda caduta dell'Impero porta al suo definitivo scioglimento. Ai soldati d'Italia resta il ricordo di un'avventura gloriosa e drammatica ed una reputazione paragonabile a quella della Vecchia Guardia: la consapevolezza del proprio valore, conquistato con il sacrificio di tanti coraggiosi, li rende ancor piщ orgogliosi di aver servito nel 111° reggimento di fanteria di linea.